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La quarta rivoluzione industriale

L’imprenditoria italiana è entrata nella “Startup Economy”, ovvero nell’era della quarta rivoluzione industriale.

In questo scorcio di fine anno sono comparse sui giornali notizie incoraggianti per il nostro paese. A parere dell’autore dell’articolo citato qui a margine (1) e dell’Ocse, lo Startup Act del 2012 è uno strumento legislativo ottimale; lo dimostrano i dati di fatto:

  • il fatturato delle Start Up che hanno beneficiato dello Startup Act è aumentato dell’8% (dato di settembre); fonte: documento della SPD e della STI dell’Ocse;
  • una impresa italiana su tre collabora con StartUp con ricorso dunque alla open innovation (vedi più sotto); fonte del dato: rapporto Survey Innovation 2018;
  • tre aziende italiane su cinque stanno sviluppando modelli di imprenditorialità interna (“internal venturing”): si tratta di una strutturazione di unità autonome all’interno di una azienda già esistente, dedicate a progetti di innovazione (la fonte è sempre il rapporto Survey Innovation di cui sopra).

Nonostante le incertezze politiche, questi dati evidenziano che l’imprenditorialità del nostro paese è capace di reagire e di svilupparsi, nonché di darsi delle forme organizzative -come l’internal venturing citata- per proteggersi dai rischi connessi alle nuove iniziative (rischi burocratici compresi).

Il rilievo dell’autore dell’articolo è che il modello fordiano-taylorista dell’impresa capitalista viene via via sostituito da quello toyotista, il che significa snellimento di una struttura organizzativa molto burocratica, “esternando tutto l’esternalizzabile”, attività di ricerca compresa: e questo cambiamento ha portato alla creazione delle StartUp. La dimostrazione sta nel fatto che le StartUp “chiudono” una volta che hanno dato concretezza ad una idea innovativa, alla cui realizzazione hanno collaborato (“open innovation”) soggetti diversi dalla azienda di provenienza, come Università degli studi, Istituti di ricerca, fornitori, consulenti, ecc..

Un rilievo importante è che a questa evoluzione si accompagna, in particolare negli ultimi anni, quella del digitale, anche se, purtroppo, in questo settore il nostro paese si colloca negli ultimi posti della classifica dei paesi innovatori.

A margine di questi rilievi, dal “Il Sole-24 ore” riportiamo (2) che nel 2018 gli investimenti in StartUp italiane sono stati 598 milioni di euro, cifra che rappresenta una crescita del 81% ! A questo dato concorrono 229 milioni provenienti dall’estero, 215 da fonti italiane come fondi venture capital o finanziamenti regionali e 154 da business angel e piattaforme di equity crowfunding.

Possiamo concludere che, nonostante tutto, l’Italia è un paese in cui le imprese innovative crescono.

Buona lettura!

 

(1)    Da: Il foglio, “Stand up, start up””, del 29 novembre 2018, estratto da pag.2, a firma Maurizio Stefanini.

(2)    Da: Il Sole-24 Ore, “Startup made in Italy al cambio di passo”, estratto da pag. 34, a firma Luca De Biase; i dati riportati sono dell’Osservatorio del Politecnico di Milano.

PIR: ne parliamo con Arcangelo Marino

Abbiamo affrontato le semplificazioni e le novità recentemente introdotto per i PIR con Arcangelo Marino, Business Manager e Partner presso Allianzbank F.A. 

Prima di entrare con lui nel merito delle opportunità e dei rischi di questo investimento, vogliamo prima dare una panoramica generale di questa forma di investimento.

Come noto, i Piani Individuali di Risparmio (Pir, legge di Bilancio 2017) costituiscono una modalità di risparmio incentivato fiscalmente; comprendono fondi comuni, polizze a vita e gestioni patrimoniali ideati per canalizzare flussi finanziari verso le Pmi del nostro Paese.

Con la sua circolare 3/E/2018, l’Agenzia delle Entrate fa chiarezza (rispetto alle linee guida pubblicate nell’ottobre scorso) sull’operatività di questi Piani e introduce alcune semplificazioni relative alla loro gestione, al fine di rafforzare il legame agevolazioni-investimenti.

Gli aspetti toccati riguardano:

  • La cumulabilità degli incentivi fiscali in StartUp innovative
  • Il calcolo dei redditi
  • Le casse di previdenza
  • L’holding period
  • Il reinvestimento
  • Il limite per l’investimento
  • La titolarità dell’investimento.

Ecco in sintesi gli aggiornamenti relativi ai suddetti aspetti.

Limite per l’investimento. Ogni persona fisica può investire in tutto 150 mila euro: questo limite può essere raggiunto anche in più di 5 anni, purchè non si superino i 30 mila euro/anno. L’investimento può essere intestato ai minori solo se i genitori non hanno in corso altri Piani.

L’agevolazione sui Pir è cumulabile con gli incentivi fiscali per investimenti in StartUp innovative (decreto 179 del 2012): questo al fine di agevolare gli investimenti di soggetti Irpef e Ires nel capitale delle StartUp innovative. Sottolineiamo che l’ambito di applicazione dell’agevolazione sulle StartUp riguarda gli investimenti effettuati dai soggetti Irpef e Ires nel capitale sociale; quello dei Pir riguarda gli investimenti effettuati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di una attività commerciale, in strumenti finanziari mediante Piani di risparmio a lungo termine.

Per il calcolo dei redditi derivante dalla cessione, nel caso di più titoli, quote, certificati o rapporti relativi a categorie omogenee, si può considerare come costo o valore di acquisto, il costo o valore medio ponderato relativo a ognuna delle categorie sopra citate.

Non sono previsti limiti minimi all’età delle persone per la titolarità dei Pir, ma l’esenzione fiscale per redditi di capitale e capital gain è applicabile solamente se l’usufruttuario (uno o entrambi i genitori) al quale è imputato il reddito finanziario che discende dagli investimenti inseriti nel Pir intestato a un minore, non sia allo stesso momento titolare di altro Piano. E’ possibile essere titolari di più Pir, purché non siano contemporanei: chiuso un Piano, è possibile costituirne un altro nello stesso periodo di imposta.

Casse di previdenza e fondi pensione possono destinare, agli investimenti qualificati dei Pir, sino al 5% dell’attivo patrimoniale. Se in un esercizio è stato effettuato un investimento sino a questa entità, in quello successivo si possono effettuare investimenti agevolabili solo nei limiti del 5% dell’incremento dell’attivo patrimoniale; qualora però l’attivo fosse in diminuzione, non si potranno effettuare altri investimenti qualificati (ma restano validi quelli effettuati negli esercizi precedenti). Per quanto concerne i Pir assicurativi e quelli costituiti da fondi dei fondi, i vincoli di composizione e i limiti alla concentrazione devono essere rispettati in riferimento agli attivi.

Quanto al vincolo di detenzione dell’investimento (holding period) – sia esso qualificato o meno – per il calcolo dei 5 anni fanno testo la data puntuale di acquisto (o sottoscrizione) dello strumento finanziario e quella di cessione o rimborso (date di effettivo versamento). Attenzione però, perché se il rimborso degli strumenti finanziari avviene prima del decorso dell’holding period, il periodo di tempo del possesso dello strumento rimborsato si somma a quello del nuovo strumento. La sostituzione (reinvestimento) del primo strumento con il secondo, finalizzata a rispettare il vincolo di detenzione, non deve far venir meno il rispetto dei “vincoli di composizione” e di “concentrazione” dell’investimento.

Il trasferimento dei Pir da un intermediario a un altro non determina la perdita dell’agevolazione; l’intermediario ha l’obbligo di verificare la sussistenza delle caratteristiche degli investimenti del piano (compresa la verifica del riparto 70-30% fra investimenti qualificati e quota libera). Non hanno invece alcuna importanza le modifiche introdotte successivamente all’acquisto, se avvenute per effetti imprevedibili per l’investitore.

Infine:

  • Sono stati introdotti vincoli anche per i derivati
  • Gli intermediari potranno usare il costo medio ponderato per le plusvalenze tassabili (vantaggio tuttavia da confermare).

Dottor Marino, quali sono le considerazioni di un Family Banker riguardo questa tipologia di investimento?

L ‘aspetto più importante della nuova normativa sui Pir è quello di favorire la creazione di un ponte tra l’economia reale (le Imprese) e il mondo del risparmio privato (famiglie).

Nei sistemi finanziariamente evoluti, le famiglie finanziano le aziende sottoscrivendo azioni e obbligazioni da loro emesse.

Le aziende con la liquidità raccolta dai risparmiatori investono in progetti industriali, vengono creati nuovi posti di lavoro, aumentano i consumi, aumenta il gettito fiscale, cresce l’azienda e il valore dei titoli azionari per i maggiori utili prodotti.

Si crea nuova ricchezza e l ‘intero sistema economico ne beneficia.

Quali sono gli obiettivi della normativa?

La normativa vuole favorire il circolo virtuoso descritto e lo fa offrendo vantaggi sia alle aziende che ai risparmiatori.

Le aziende quotandosi in borsa potranno finanziare il loro progetti con un costo minore rispetto al credito bancario.

I risparmiatori oltre a beneficiare delle potenzialità di crescita del mercato, godranno di vantaggi  fiscali importanti :

  • L’ esenzione della tassazione su utili, interessi, cedole e dividendi generati dall’investimento
  • L’esenzione dalle imposte di successione.

A patto di investire per un periodo superiore ai cinque anni. Orizzonte temporale minimo per considerare adeguato un investimento azionario.  Si vuole favorire la cultura dell’investimento reale a scapito dell’investimento speculativo. 

I vantaggi fiscali sono importanti anche se limitati ad un importo massimi di euro 150.000 spalmato su cinque anni, quindi massimo 30.000 euro annui.

In che modo un Consulente Finanziario affronta l’investimento in Pir?

Sottolineato il senso della normativa e i vantaggi per imprese e risparmiatori, sarà importante per il risparmiatore inserire l’investimento nei Pir nel giusto contesto della pianificazione delle sue esigenze e del suo portafoglio globale.

La valutazione del rischio è fondamentale.

Investendo prevalentemente sul mercato azionario italiano e, con almeno una quota su piccole e medie imprese, i Pir, offrono un profilo di rischio alto. Le oscillazioni dei prezzi potranno essere significative. 

Un risparrmiatore deve essere consapevole che potrebbero esserci fasi in cui il valore del suo investimento nel Pir potrà scendere anche ben oltre il 10-15%. E sarebbe normale e fisiologico per questo tipo di investimento.

L’investimento nel Pir, va quindi inserito nella parte del portafoglio che copre le esigenze di lungo termine e in una percentuale che mantenga in equilibrio il rischio complessivo del portafoglio. 

Una delle cattive abitudini degli italiani e investire in prodotti in modo a sé stante. È fondamentale invece avere una visione complessiva del patrimonio e delle proprie esigenze.

Se inserito in modo corretto nel proprio portafoglio l investimento nei Pir è certamente un ottima opportunità, sia per le potenzialita di crescita del mercato italiano nel lungo termine e per i vantaggi fiscali offerti.

Ringraziamo il Dr. Arcangelo Marino e vi rimandiamo all’articolo citato a margine per ulteriori approfondimenti.

Buona lettura!

Da: Il Sole-24 ore, “Pir e sconti fiscali, semplificate le regole”, del 27 febbraio 2018, pag. 1-3, a firma Carmine Fotina.

Relazione Annuale sullo StartUp Act Italiano

Relazione Annuale del Ministro al Parlamento sullo StartUp Act Italiano – Quarta Edizione 2017

Ecco in sintesi i dati riportati:

  • Le StartUp innovative registrate (oltre 8000) sono più che raddoppiate rispetto a due anni fa; ve ne è una in ogni provincia e in oltre 1500 comuni. Le PMI innovative nell’ultimo anno sono più che triplicate
  • Il cumulativo della produzione per StartUp e PMI innovative nel 2016 ha superato i 2 mld di euro
  • Il fatturato 2016, per le StartUp innovative iscritte nel 2015, è mediamente raddoppiato; per quelle iscritte nel 2013 e 2014 è triplicato
  • Per le 27 ex StartUp innovative che hanno superato i 5 milioni di fatturato annuo, il valore aggregato  della produzione è di 230 milioni di euro
  • 4 StartUp su 10, fra quelle avviate nel 2017, hanno optato per la costituzione digitale e gratuita lanciata nel 2016 (risparmio medio: 2000 euro per azienda)
  • Il credito bancario ricevuto in 4 anni (intervento semplificato del Fondo Centrale di Garanzia) dalle StartUp innovative ammonta a 500 milioni di euro (di cui la metà solo negli ultimi 12 mesi)
  • La raccolta complessiva di investimenti operata dalle campagne di equity crowdfunding, lanciate nel solo 2017, risulta triplicata rispetto a un anno e mezzo fa
  • Il programma Italia StartUp Visa di semplificazione della procedura di concessione dei visti di ingresso, per i cittadini non UE che vogliono avviare una StartUp in Italia, registra 250 candidature da 34 Paesi (di cui la metà nel 2017).

A questo link la Relazione Annuale del Ministro al Parlamento.

Buona lettura!