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Saper imparare: nuovi approcci e scenari

L’orientamento scolastico e la formazione professionale trovano alcuni interessanti spunti di riflessione negli articoli apparsi recentemente sui giornali.

Partiamo dal primo: quali i contenuti dell’insegnamento scolastico, in vista dell’evoluzione futura? “In un mondo dai ritmi accelerati, dove le macchine apprendono da sole, le professioni saranno create e soppresse a ciclo continuo… lo sforzo va fatto sul metodo: lavorare in gruppo, far circolare le idee, sperimentare, incoraggiare il pensiero divergente (la creatività)”. Secondo l’European Centre for Development of Vocational Training (Cedefop) dell’U.E., da oggi al 2025 delle 107 milioni di opportunità di lavoro, poco meno del 50% richiederanno una preparazione a livello universitario o molto specializzata; solo 10 milioni non richiederanno una particolare preparazione, anche se non sappiamo con esattezza che cosa servirà domani.

Forse ha ragione Ivano Dionigi (presidente di Almalaurea):”In un mondo che cambia così rapidamente, io mi preoccuperei di apprendere ad imparare”. Le humanities vanno integrate con la cultura scientifica; è necessario aggiungere saperi, e nel contempo potenziare quelli umanistici.

Luca Ravagnan racconta la sua esperienza nei laboratori della Statale di Milano. Ha inventato una tecnica con cui incorporare circuiti elettrici nella plastica in modo da produrre elettrodi flessibili per i malati neurologici (“Wise”). Stanco del precariato come ricercatore, ha deciso di creare una azienda, ma si è scontrato con le difficoltà poste dal canale che porta l’innovazione verso il sistema produttivo. Già, a sua esperienza, chi deposita brevetti in Italia “perde tempo” (anziché essere premiato); sui fondi pubblici ricevuti dall’Università la valorizzazione della ricerca sul mercato pesa poco: far sponsorizzare la ricerca ai privati è l’unica strada che può ripagare uno scienziato. Ma in questo modo la tecnologia viene data in licenza troppo presto: esito incerto e valore basso.

In chiusura, McKinsey crede che i robot del 2050, ormai dotati di creatività ed intelligenza emotiva, potranno sostituire i manager nelle decisioni strategiche per le aziende. “Oltre 60% dei ruoli di vertice avrà almeno il 30% di attività che potranno essere automatizzate”. Gli androidi, già utilizzati nell’industria manifatturiera, sono infatti già in fase di sperimentazione in settori ad alto capitale umano, come la medicina.

Confusi sul vostro futuro? Fatevi aiutare da un buon Coach!

Buona lettura.

Da: “La Repubblica” del 17 gennaio 2017, estratto da pag.1.20.21

Titolo originale: ”Quei lavori del futuro da imparare già oggi”, a firma: Jaime D’Alessandro.

Da: “La Repubblica” del 19 gennaio 2017, estratto da pag. 25

Titolo originale: “Tanta ricerca, poca impresa.In Italia l’innovazione è bloccata”,  a firma: Filippo Santelli

Da: “Il Corriere della Sera” del 14 gennaio 2017, estratto da pag.15

Titolo originale: ”Entro il 2050 sostituiranno anche manager ed economisti”, a firma: Fabio Savelli

 

Università e Orientamento

È stata redatta una graduatoria delle Università sulla base di 12 indicatori:

  • attrattività, in base alla quota di immatricolazioni di studenti residenti in una Regione diversa da quella della sede universitaria
  • sostenibilità, in base al numero medio di docenti nelle materie base
  • stage, nella misura in cui attribuiscono crediti formativi
  • mobilità internazionale, come crediti ottenuti all’estero
  • borse di studio erogate in rapporto al totale degli idonei
  • dispersione, in base al numero delle immatricolazioni che si perdono per strada nel corso del primo anno
  • l’efficacia, in base all’effettivo numero di crediti ottenuto mediamente da ogni studente
  • voto degli studenti, il giudizio dei laureandi sul corso di studio.

Altri 3 indicatori prossimi saranno relativi a:

  • qualità della produzione scientifica, in base ai giudizi ottenuti dai prodotti della ricerca nelle valutazioni Anvur
  • competitività della ricerca, come capacità di attrarre risorse esterne
  • qualità dei dottorati, misurata dalle valutazioni Anvur.

I punteggi sono stati riportati in base a una scala da 0 a 100, in proporzione alle performences (100 perfornace migliore, 0 a quella peggiore) e hanno generato 2 classifiche parziali:

  • una per la didattica, in base alla media dei primi 9 indicatori
  • una sulla ricerca, media degli ultimi 3 indicatori.

Il calcolo del punteggio per ogni Università  è costituito dalla media dei punteggi per le due classifiche.

La classifica generale è costituita dalla media dei punteggi ottenuti nelle due classifiche parziali.

Nella classifica generale:

1^ Verona con 81 punti,

2^  Trento con 79 punti,

3^ Milano Politecnico e Bologna con 76 punti.

L’articolo riporta, naturalmente, tutti gli atenei, statali e non.

Perché abbiamo pubblicato l’articolo nella sezione Coaching? Perché la scelta dell’Università è una scelta sul proprio futuro.

Buona lettura!

Da: “Il sole 24 ore” del  2 gennaio 2017, estratto da pag. 8.9 Titolo originale: “Il passaggio dagli indicatori alle graduatorie”,  a firma: — (link)

Formazione X la Persona

L’evoluzione straordinaria della tecnologia con la quale stiamo convivendo sta evidenziando i limiti dei modelli e valori sui quali sinora siamo stati formati, il che impone una riprogettazione urgente dei processi educativi e formativi, un adeguamento dei processi politici e scioculturali, sia a livello personale che di comunità.

Questa riflessione si accompagna a un’altra: Piero Domenici, nell’articolo citato a fondo pagina, annota che “il rischio in questa società ipercomplessa è che ci si concentri esclusivamente sulla dimensione tecnologica e applicativa dei problemi e si trascurino i riflessi che questa ha sulle persone, sul sistema relazionale e sul contesto educativo e culturale.

Pertanto, il focus della formazione va spostato sulla educazione critica alla complessità e alla responsabilità, sia a livello di individuo che della società in cui questo si muove. Non ci si può limitare alla visione della “educazione digitale” (sia pure nel senso più esteso di questi due termini). Occorre andare oltre il saper fare, entrare nel campo del rapporto educazione-cittadinanza, ricomporre cioè il divario fra l’umano e il tecnologico, sì che la “macchina” includa e non escluda l’uomo, le competenze non escludano le conoscenze, la cultura scientifica non escluda quella umanistica.

Il tema della necessità di aggiornare il modello della formazione lo ritroviamo in un altro articolo (citazione a fondo pagina) che prende spunto dalla revisione del modello di istruzione in Finlandia: l’autore rileva come questo modello abbia spostato il perno su “un apprendimento basato sui problemi, guidando gli studenti ad affrontare la questione con i saperi delle singole materie”. Agli studenti viene insegnato come affrontare un progetto: la didattica viene svolta attorno a problemi reali e il metodo per affrontarli (Monica Guerra del Dipartimento di Scienze umane, Università di Milano Bicocca) è quello di “farsi buone domande e ricostruire risposte corrette”, il che vuol dire affrontare i problemi con flessibilità, ricorrendo a competenze trasversali alle varie materie tradizionali, che diventano unicamente contenitori di strumenti di analisi.

Un buon Coach conosce come la progettualità individuale non sia solo azione, ma apprendimento, visione complessiva della propria vita, affinché l’evoluzione professionale abbracci costantemente la crescita personale in perfetto stile egologico.

Buona lettura!

Da: “Il sole 24 ore” del  11 dicembre 2016, estratto da pag. 12. Titolo originale: “Educare alla cultura della complessità”  a firma: Piero Domenici

Da: “Il sole 24 ore” del  11 dicembre 2016, estratto da pag. 12. Titolo originale: “Il dissolvimento delle materie”  a firma: P.Sol.